giovedì 12 gennaio 2017

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L'ARANCIONE "SELVAGGIO"

La ricerca riguardo alle caratteristiche "selvagge" dell'arancione si riconduce anteriormente a ciò che è stato definito come pensiero selvaggio da Claude Lévi-Strauss.
La composizione dell'omonima opera da parte dell'autore definisce esso come "il pensiero allo stato selvaggio, distinto dal pensiero educato o coltivato proprio in vista di un rendimento."
Esso è perciò il pensiero allo stato brado, è ciò che accomuna tutti gli uomini, dagli uomini che vivono nelle metropoli del mondo occidentale a quelli che vivono in tribù a stretto contatto con la natura. Diventa quindi centrale conoscere e capire lo sviluppo di questo pensiero, e la crescita da esso subita in differente contesti civiltà. Un pensiero, si sa, è però fatto di termini, parole ed espressioni. Perciò alla base di tutto, ciò che per prima cosa bisognerebbe fare sarebbe chiedersi come questi termini sono nati, cosa si intendeva nel pronunciarli milioni di anni fa e cosa si intende oggi. 
In questo modo tutto ciò che noi diamo per consolidato, la corrispondenza che sappiamo esserci tra la parola ed una cosa ben precisa e definita, inizia a riempirsi di mille sfaccettature diverse. E, tutto ciò che si può fare è constatare che queste corrispondenza non è così chiara e definita come noi l'abbiamo sempre considerata ma che ha ed ha avuto tanti valori e significati diversi.
Facendo questo tipo di ragionamento risulta quasi spontaneo chiedersi quale sia il significato vero, preciso, di termini che sono anche i più semplici. E ci si ritroverà a scavare sotto le loro radici e scoprire tutto un universo di credenze, usi e tradizioni legati ad essi.
La parola arancione: che cos'è l'arancione? Come è stata considerata in passato? Qual è il suo significato più primitivo?
Il colore arancione deriva da antiche culture, da religioni millenarie e da simbologie remote. Il nome “arancio” o “arancione” ha  origine araba, e ricorda il nome dell’oro. Nella cultura orientale, al colore arancione sono associate proprietà che favoriscono la concentrazione mentale. Per questa ragione i monaci buddisti indossano un saio di tale colore, che ha lo scopo di facilitare il distacco dalle passioni terrene e carnali. In cinese la parola “arancione” ha lo stesso suono di “pregare per la buona sorte”. In Cina, infatti, il colore arancione viene considerato propiziatore di buona fortuna. Nella cultura indiana è il colore del II chakra, Swadhisthama, situato nel Tan tien, ovvero il punto del corpo in cui ha sede il Ki, l’energia vitale. Viene convenzionalmente localizzato nella parte inferiore dell’addome ed è legato al mutamento, al piacere, al desiderio, alla procreazione ed alle emozioni. In cromoterapia è utilizzato per curare depressione e malattie psichiche. Viene universalmente ricondotto all’idea del Sole, e quindi, della vita, della procreazione e della felicità.


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